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Infarto miocardico

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A cura di

Dott. Giovanni Battista Perego

Direttore U.O. Unità di Terapia Intensiva Coronarica (UTIC) - Auxologico San Luca

Direttore U.O. Pronto Soccorso ad indirizzo cardiologico - Auxologico San Luca

Direttore U.O. Laboratorio di Cateterismo - Auxologico San Luca

Direttore U.O. Emodinamica - Auxologico San Luca

Direttore U.O. Elettrofisiologia - Auxologico San Luca

CHE COS'È L'INFARTO MIOCARDICO?

Il cuore ha la funzione di pompare il sangue in tutto l’organismo, ma, come tutti gli organi, deve anche ricevere sangue per funzionare e sopravvivere.

Le arterie che forniscono sangue al cuore si chiamano coronarie. Come le altre arterie possono essere soggette a una patologia degenerativa denominata aterosclerosi che le rende inizialmente solo più rigide, poi si associa alla deposizione di calcio e infine conduce alla formazione di incrostazioni (“placche”), che le restringono.

A volte restringimenti anche critici delle coronarie non danno sintomi. Più spesso, il cuore riceve abbastanza sangue a riposo, ma non quando è richiesto un lavoro maggiore, cioè sotto sforzo o stress. Quando la richiesta di sangue è superiore al flusso effettivo che raggiunge il cuore si parla di ischemia cardiaca. I sintomi possono essere subdoli (riduzione della capacità di esercizio per “fatica” o per mancanza di fiato). Oppure l’ischemia si può manifestare con il classico dolore al petto, l’angina pectoris.

Quando l’angina si manifesta anche a riposo, i singoli episodi di dolore si fanno più frequenti o prolungati, è segno che ormai la riduzione del flusso di sangue è così importante da non soddisfare neppure il fabbisogno in condizioni di riposo.

Quali sono i tipi di infarto?

L’infarto si verifica quando l’ischemia è così critica e prolungata da provocare il danneggiamento o la “morte” (necrosi) di parte del tessuto del muscolo cardiaco. Si possono distinguere più tipi di infarto al miocardio:

  1. Quello causato da uno o più restringimenti critici delle coronarie, senza una occlusione acuta. Spesso si riconosce un fattore precipitante: un aumento della richiesta di lavoro cardiaco (come uno sforzo importante o una aritmia veloce); oppure l’anemia, che riduce la capacità del sangue di trasportare ossigeno;
  2. L’infarto legato a una ostruzione acuta della coronaria. L’occlusione coronarica può essere dovuta ad uno spasmo o ad una dissezione (“slaminamento” della parete di una coronaria, che blocca il flusso di sangue) oppure a una embolia (ostruzione da parte di un coagulo che si è formato altrove). La causa più frequente è però la trombosi coronarica, cioè la costituzione di un coagulo in una coronaria, in genere in corrispondenza di un restringimento preesistente. È il quadro più tipico di infarto.

Quali sono i sintomi dell'infarto?

Il sintomo più caratteristico e frequente dell’ischemia miocardica è il dolore al petto. Le caratteristiche di questo dolore sono molto diverse da paziente a paziente:

  • può essere percepito come peso o come costrizione (“sento una morsa che mi stringe”) o come bruciore;
  • può essere localizzato al centro del petto oppure a sbarra, in mezzo al torace o più in basso, verso lo stomaco;
  • può essere irradiato al collo, alle braccia, soprattutto al braccio sinistro, alla mandibola, alla schiena. A volte il dolore è presente solo in queste sedi ”atipiche”.

Il dolore dell’infarto ha le stesse caratteristiche di quello dell’angina, è solo più intenso e, soprattutto, prolungato. Il dolore anginoso raramente supera i 10-20 minuti, mentre quello dell’infarto può durare anche giorni. Oppure può presentarsi a più riprese senza apparenti situazioni scatenanti.

Altri sintomi che possono presentarsi sono:

  • forte stanchezza e debolezza; 
  • nausea;
  • vomito;
  • sudorazione intensa;
  • tosse e difficoltà respiratoria (dispnea);
  • vertigini e capogiri;
  • senso di malessere opprimente, simile a quello causato da un attacco di panico.

INFARTO: I SINTOMI DELLE DONNE

Occorre sottolineare che i sintomi dell’infarto nelle donne sono spesso differenti da quelli che si manifestano negli uomini. Le donne, infatti, hanno maggiori probabilità di presentare sintomi diversi dal dolore o dal fastidio al petto, come per esempio:

  • bruciore di stomaco;
  • dolore al collo, alla schiena, alla gola o alla mascella;
  • difficoltà nella digestione;
  • nausea e vomito;
  • sudorazione abbondante;
  • stanchezza, stordimento;
  • affanno e dispnea.

Come viene trattato l'infarto del Miocardio?

La diagnosi di infarto viene in genere effettuata mediante l’elettrocardiogramma. In alcuni casi (soprattutto quelli non associati ad una occlusione coronarica acuta) è necessaria la conferma mediante analisi del sangue, per determinare la concentrazione degli enzimi cardiaci, cioè specifiche proteine che si liberano nel sangue quando le cellule cardiache sono danneggiate.

La terapia d’urgenza per l’infarto del miocardio è la rivascolarizzazione (ripristino del flusso di sangue) mediante l’angioplastica coronarica, ovvero la dilatazione meccanica della coronaria occlusa e il ripristino del calibro originario del vaso mediate l’impianto di uno stent (una struttura di sostegno metallica che mantiene il vaso aperto e con il diametro desiderato).
In alternativa il paziente può ricevere una terapia farmacologica trombolitica (che serve cioè a sciogliere il coagulo).

In base alle caratteristiche cliniche ed elettrocardiografiche è possibile identificare quadri con alta probabilità di occlusione acuta e completa del vaso o nei quali comunque il ripristino di un flusso adeguato è critico per mantenere le funzioni del cuore. In questi casi la rivascolarizzazione deve essere messa in atto con urgenza. Tanto più rapido ed efficace sarà l’intervento, tanto minore sarà la quota di cuore che andrà incontro a necrosi.

COSA BISOGNA FARE IN CASO DI SOSPETTO INFARTO?

Se compaiono sintomi che fanno sospettare un infarto del miocardio è importante chiamare immediatamente un’ambulanza, telefonando al 112.
Non bisogna trasportare il paziente in ospedale in autonomia, per diversi motivi:

  • Il personale sanitario è in grado di registrare un tracciato elettrocardiografico sul posto e confermare la diagnosi. A questo fa seguito l’immediato trasporto del paziente nel centro attrezzato più vicino che abbia una sala di emodinamica attiva e ricettiva, per il trattamento di urgenza;
  • Le prime fasi dell’infarto sono pericolose. Il personale sanitario può far fronte a complicanze potenzialmente letali e tenere in vita il paziente fino al trattamento dell’occlusione coronarica;
  • Il paziente viene trattato già in loco con alcuni famaci che migliorano l’esito delle procedure successive.

Cosa succede durante il ricovero per infarto?

Nelle prime fase del ricovero il paziente viene ricoverato in un reparto di terapia intensiva dedicato, l’Unità Coronarica. Grazie a strumenti di monitoraggio particolari si possono identificare e trattare precocemente eventuali complicanze. Inoltre si inizia il trattamento che accompagnerà il paziente dopo la dimissione, con lo scopo di prevenire la progressione della malattia coronarica e prevenire nuovi episodi infartuali.

La rivascolarizzazione precoce ha cambiato la prognosi e le prospettive di vita del paziente infartuato: nella maggior parte dei casi la dimissione può essere precoce, dai 3 ai 5 giorni dopo l’infarto, e quindi la ripresa più rapida.

Ѐ necessaria la riabilitazione dopo l'infarto?

Nella maggior parte dei casi dopo un infarto viene consigliato un percorso di riabilitazione cardiologica per arrivare al completo recupero della forma fisica. Specialisti della riabilitazione, fisioterapisti, infermieri, psicologi e dietisti mettono a punto un programma di recupero che prevede educazione alla attività fisica alla alimentazione corretta e in generale contribuisce a eliminare comportamenti che aumentano il rischio cardiovascolare.

La riabilitazione può essere condotta in ospedale o dopo la dimissione, in regime ambulatoriale. I tempi per il rientro al lavoro dipendono dalle lesioni subite e dal tipo di attività lavorativa.


Come cambia la vita dopo l'infarto?

Dopo un infarto del miocardio sono spesso necessari alcuni cambiamenti nello stile di vita. È importante, infatti, agire su tutti i fattori di rischio modificabili:

  • tenere sotto controllo il peso corporeo;
  • smettere di fumare;
  • evitare l’alcol;
  • seguire un’alimentazione sana ed equilibrata (povera di cibi grassi, sale e zuccheri);
  • fare attività fisica moderata.

Dopo un infarto possono essere prescritti per lunghi periodi farmaci (antiaggreganti piastrinici come l’acido acetilsalicilito, beta-bloccanti, ACE inibitori e sartani, ipocolesterolemizzanti) che riducono il rischio di progressione della malattia coronarica e di ulteriori eventi infartuali.
L’attività sessuale dopo un infarto può tornare a essere perfettamente normale e non costituisce un fattore di rischio per un nuovo episodio.

La dieta dopo un infarto

La dieta da seguire dopo un infarto o un intervento di angioplastica coronarica deve contribuire a mantenere ottimale la pressione arteriosa e i livelli di colesterolemia. È necessario limitare il sale (la dose massima consentita è di meno di 5 grammi al giorno, corrispondenti a circa un cucchiaino), evitando alimenti come patatine, cracker confezionati, insaccati e carni lavorate. È importante, inoltre, ridurre il consumo di grassi animali, carni rosse, cibi fritti, dolci e bevande zuccherine. Da limitare anche gli stimolanti come caffè, tè, bevande energetiche.

Possono essere consumati nelle dosi appropriate verdure crude e cotte, legumi, cereali, frutta fresca e secca, proteine magre (pollame e pesce ad alto contenuto di acidi grassi omega-3, come sgombro, merluzzo, alici, sardine), latte, yoghurt e formaggi magri, olio extravergine di oliva.


QUALI SONO LE CAUSE DELLA MALATTIA DELLE CORONARIE?

L’aterosclerosi coronarica è una patologia degenerativa, associata all’invecchiamento. Tuttavia diverse condizioni (i cosiddetti fattori di rischio cardiovascolari) possono accelerare lo sviluppo
della malattia aterosclerotica che può manifestarsi anche molto precocemente. Distinguiamo fattori di rischio modificabili e non modificabili.

Fattori di rischio non modificabili

La familiarità: se un parente stretto, genitore, fratello, figlio ha avuto un infarto in età giovanile, si è esposti a un rischio maggiore rispetto a chi non ha eventi del genere in famiglia.

Il genere maschile è più esposto ad eventi ischemici in età giovanile. L’infarto colpisce prevalentemente dopo i 45 anni gli uomini e dopo i 55 le donne. Tuttavia, dopo la menopausa la frequenza dell’infarto aumenta nelle donne fino a diventare in età avanzata più alta rispetto agli uomini.

Fattori di rischio modificabili

Altri fattori di rischio, però, sono modificabili ed eliminabili perché dipendono dallo stile di vita e dall’alimentazione. I più rilevanti sono:

  • fumo di sigaretta;
  • ipertensione arteriosa;
  • diabete e livelli alti di glucosio nel sangue;
  • livelli elevati di colesterolo “cattivo”.

Seguono:

  • obesità e sovrappeso;
  • sedentarietà;
  • un’alimentazione ricca di grassi saturi, colesterolo, zuccheri sale;
  • consumo di alcol e droghe;
  • stress.

Come prevenire l'infarto


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