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La cura in Auxologico Roma Buon Pastore

Pubblicato il 03/02/2022 - Aggiornato il 03/05/2023

Continua la scoperta della prima sede nel Lazio, Auxologico Roma Buon Pastore, con la storia della Dott.ssa Raffaella Rossi, Responsabile dell’Unità Operativa di Lungodegenza post-acuzie.

Due sono le cose importanti nel nostro lavoro. La prima è non andare incontro ad automazione, lavorare meccanicamente, perché prima o poi farai un errore. La seconda è essere disponibili a mettersi in discussione.

La Dott.ssa Raffaella Rossi, Responsabile dell’Unità Operativa di Lungodegenza post-acuzie di Auxologico Roma Buon Pastore - ex Casa di Cura Ancelle Francescane del Buon Pastore e acquisita nel 2020 da Auxologico - non nasconde la commozione quando ricorda alcuni dei momenti più umani che ha visto nel suo reparto: “A volte i figli dei pazienti anziani hanno paura di riportarli a casa perché non sanno se riusciranno a prendersi cura del genitore senza assistenza a domicilio, la possibilità di fare i prelievi del sangue a casa; senza avere le disponibilità economiche per i presidi di accudimento a pagamento. Preferirebbero poter allungare il ricovero. C’è molto amore ma bisogna mettere le persone nella condizione di poterlo tirare fuori, sentendosi tutelati”.

I pazienti che arrivano nel reparto della Dott.ssa Rossi vengono inviati dagli ospedali dove i medici di medicina interna hanno indicato la diagnosi e la proposta di cura. Dopo l’evento acuto, il motivo per cui una persona è stata ricoverata in ospedale, i pazienti passano alla lungodegenza per proseguire le terapie e le cure necessarie a ripristinare le attività che svolgevano prima del ricovero. I follow up vengono seguiti in collaborazione con le famiglie, i medici di base, la medicina del territorio: a volte lo stato di salute permette il rientro a casa; altre volte può essere necessario il trasferimento in una casa di riposo, o in una RSA, o ancora in contesti residenziali estensivi dove proseguire la fisioterapia.

Durante l’anno affrontiamo diverse patologie. Non ci occupiamo solo di chi ha sofferto di un ictus. In inverno sono più frequenti gli scompensi cardiorespiratori, episodi cerebrovascolari acuti, cardiaci o cerebrali, anche a livello del sistema artero venoso. Andando incontro al caldo si formano le infezioni batteriche, urinarie o polmonari, e si devono evitare o controllare eventuali sepsi, complicazioni. Purtroppo molti batteri sono diventati resistenti agli antibiotici. Passata la stagione calda tornano le bronchiti. Dopo l’estate capita anche di avere pazienti ortopedici: magari si sono cimentati in attività che non avevano fatto per tutto l’anno e gli capita di “rompersi”. La varietà dipende anche dal fatto che molti pazienti negli ultimi due anni di pandemia COVID non hanno eseguito i follow up per paura di frequentare gli ospedali. Persone che soffrono di cardiopatie croniche che poi si scompensano. Chi doveva fare le visite ortopediche seriate, che per non averle fatte va incontro a fratture spontanee. Alcuni pazienti diventano acuti in mancanza dei controlli annuali. 

47 posti letto, più di 30 operatori sanitari e sociosanitari, fisioterapisti e terapisti occupazionali. Due piani di degenza e la Dott.ssa Rossi a coordinarli come responsabile, investendo nel lavoro di squadra delle diverse professionalità e nella multidisciplinarietà degli interventi. Con l'eccellente contributo di Cinzia Belluzzi, coordinatrice infermieristica di grande professionalità e dedizione che ha sempre investito nella partecipazione di tutti con uno spirito unitario. La rete con gli ospedali del territorio è stata rafforzata e una comunicazione efficace ha permesso di realizzare valide collaborazioni assistenziali. 

Mio padre era medico, internista e chirurgo, lavorava in Pronto Soccorso e negli anni ‘70 aveva fondato un presidio medico in una zona residenziale dove le giovani famiglie non avevano servizi sanitari. Lui diceva: ci sono due categorie di medici, coloro che praticano per status e quelli che lo fanno per dedizione al prossimo. Sono tutti e due legittimi, ma lui faceva questo mestiere perché voleva migliorare le condizioni della società. A volte sento di aver ereditato le sue capacità di diagnosi. Prevedere un cambiamento clinico e intervenire in modo fattivo sul paziente mi ricorda che nella vita ho fatto la scelta giusta.