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Fibrillazione atriale e attività sportiva

Pubblicato il 01/09/2022 - Aggiornato il 18/11/2022

Queste informazioni non sostituiscono in alcun modo il colloquio con il tuo medico di fiducia.

Se scattassimo una fotografia in questo istante scopriremmo che circa 1-2% della popolazione italiana è affetta da fibrillazione atriale (cosiddetta "prevalenza"). Nel corso della vita circa il 25% dei soggetti soffrirà di uno o più episodi di fibrillazione atriale.

Dott. Giovanni Battista Perego

Direttore U.O. Unità di Terapia Intensiva Coronarica (UTIC) - Auxologico San Luca

Direttore U.O. Pronto Soccorso ad indirizzo cardiologico - Auxologico San Luca

Direttore U.O. Laboratorio di Cateterismo - Auxologico San Luca

Direttore U.O. Emodinamica - Auxologico San Luca

Direttore U.O. Elettrofisiologia - Auxologico San Luca

Cos'è la fibrillazione atriale (FA)?

Si parla di fibrillazione atriale (FA) quando l’attivazione elettrica lungo la parete degli atri diventa caotica: l’atrio non si contrae più in maniera coordinata ma, appunto, fibrilla.

La fibrillazione atriale può essere sempre presente (permanente) oppure può presentarsi in forma di episodi più o meno prolungati (persistente o parossistica).


Fibrillazione atriale e sport

Un carico basso o moderato di attività fisica riduce la probabilità di sviluppare fibrillazione atriale.

D’altra parte, l’attività fisica frequente e intensa si associa a un rischio aritmico aumentato. Il problema è definire quale sia la soglia oltre la quale si perde il beneficio e comincia il rischio.

Questo limite viene indicato in più di 300 minuti a settimana di attività fisica moderata o 150 minuti a settimana di attività fisica intensa

Gli sportivi colpiti dalla fibrillazione atriale possono incorrere nelle seguenti conseguenze:

  • la contrazione del cuore è meno efficiente perché non è ritmica e perché gli atri non contribuiscono alla portata della “pompa cardiaca”. Proprio sotto sforzo, il contributo atriale è più importante: si arriva al 10-30% della gettata cardiaca;
  • vengono persi i sistemi di regolazione della frequenza cardiaca. Il cuore tende ad andare molto veloce durante sforzo e a volte anche a riposo;
  • in molti casi è necessario un trattamento anticoagulante: un problema se l’attività sportiva espone al rischio di traumi.

Chi è più a rischio?

Il tipico sportivo che sviluppa episodi di fibrillazione atriale è sopra i 40 anni, con una pratica decennale di sport di endurance, ben allenato, spesso con bassa frequenza cardiaca, e sviluppa episodi di fibrillazione atriale a riposo.

In casi più rari la fibrillazione atriale insorge sotto sforzo e il paziente ne è molto disturbato (palpitazione, mancanza di forze, mancanza di fiato).

Se lasciata a sé stessa, la fibrillazione atriale può diventare permanente nel 40% circa dei casi.


FA parossistica e persistente: come prevenire le recidive?

Il primo punto è escludere che ci siano condizioni predisponenti eliminabili:

  • in ambito cardiovascolare: ipertensione arteriosa, alterazioni strutturali del cuore, malattie del pericardio, pre-eccitazione ventricolare, alterazione dei canali ionici (canalopatie), alterazioni della conduzione dell’impulso elettrico, alterazione della generazione dell’impulso elettrico (malattia senoatriale);
  • in ambito non cardiovascolare: alterazioni della funzionalità tiroidea, disturbi del sonno, obesità;
  • abuso di farmaci o sostanze pericolose: cocaina o anfetamine, anabolizzanti steroidei, alcool;

Quando siano state escluse (o trattate) tutte queste “cause” di fibrillazione atriale, da alcuni viene proposto il cosiddetto detraining: provare a sospendere per due o tre mesi gli allenamenti e vedere se la situazione migliora. Non ci sono chiare dimostrazioni scientifiche che ridurre o eliminare gli allenamenti contribuisca a prevenire le recidive. Spesso, comunque, però l'atleta, amatoriale o agonista, non intende smettere l'attività sportiva.

E allora siamo di fronte a un bivio: assumere farmaci per la prevenzione della fibrillazione atriale, oppure sottoporsi a un trattamento ablativo. Né l’una né l’altra strada danno garanzie che la fibrillazione atriale non si ripresenti, ma l’ablazione è più efficace, in particolare nello sportivo.

Il particolare l’ablazione è da preferirsi:

  • nel soggetto giovane (è più efficace nelle fasi iniziali della malattia ed evita la necessità di un trattamento farmacologico a vita);
  • quando la pratica sportiva richieda un giudizio di idoneità agonistica;
  • quando siano presenti disturbi della generazione o dell’impulso elettrico (che controindicano i farmaci antiaritmici).

Quale e quanta attività sportiva?

Non esistono dati chiari riguardo quale e quanta attività sportiva possa facilitare ulteriori recidive di FA.
Quel che è certo, è che l’attività fisica ad alta intensità e con elevata frequenza di allenamento non è consigliata nel soggetto con storia di fibrillazione atriale e sicuramente non può essere intrapresa in assenza di una consulenza con il cardiologo che valuti la necessità e la tipologia di un'eventuale terapia e possa eventualmente indicare come e quanta attività fisica intraprendere.
In una minoranza di casi, gli episodi aritmici sono innescati dallo sforzo fisico. Queste fibrillazioni atriali “da sforzo” sono spesso efficacemente prevenute da farmaci innocui e sicuri come i “betabloccanti”, che però sono poco graditi agli sportivi perché riducono la performance atletica.

Se si vuole proseguire nella attività di endurance e nel caso di fibrillazioni atriali indotte dallo sforzo in cui il betabloccante sia inefficace o non tollerato, una strada percorribile potrebbe essere quella dell’ablazione.

FA ricorrente e idoneità medico-sportiva

Secondo le linee guida italiane di medicina sportiva, l’idoneità può essere concessa:

  • se sia stata individuata e rimossa un’eventuale causa scatenante (ipertiroidismo, alcool, farmaci e sostanze illecite ecc.);
  • in assenza di cardiopatia;
  • se non sono dimostrabili vie anomale di conduzione A-V;
  • se non è presente una malattia del nodo del seno;
  • se non c’è rapporto di causa-effetto tra attività sportiva e aritmia.

Tuttavia, ci sono altri fattori che vengono presi in considerazione e sono meglio sottolineati da altre linee guida: come sta il paziente durante l’episodio; quanto è alta la frequenza cardiaca in corso di fibrillazione atriale; se lo sport è associato a un “rischio intrinseco” (cosa succederebbe se il paziente perdesse improvvisamente coscienza o efficienza fisica? Immaginiamo una discesa libera o un'automobilistica).

Questo spiega perché il giudizio di idoneità sia legato a una valutazione complessa e talvolta dall’esito incerto. Sicuramente, sarà giudicato idoneo chi è riuscito a eliminare le recidive di fibrillazione atriale con un trattamento farmacologico o ablativo

Infine c’è il problema dell’anticoagulante: se è stata posta indicazione al Trattamento Anticoagulante Orale, l’idoneità potrebbe essere negata per quegli sport che espongono al rischio di trauma (l’anticoagulante rappresenterebbe un pericolo per la vita).

Atleti e morte cardiaca improvvisa


FA permanente: quali problemi per lo sport

Quando non si riescono a prevenire le recidive di fibrillazione atriale con i farmaci, o quando il paziente non vuole sottoporsi ad ablazione o questa sia risultata inefficace, allora la cronicizzazione può rappresentare una soluzione ragionevole

Il problema è riuscire a contenere la frequenza cardiaca entro limiti accettabili, sia sotto sforzo che a riposo.  L’attività sportiva, specie se ad alta intensità, rende più difficile la ricerca di questo equilibrio. Farmaci che riescano a contenere l’incremento di frequenza sotto sforzo fanno spesso andare il cuore troppo piano a riposo. Eccezionalmente può essere necessario ricorrere all'interruzione della connessione elettrica tra atri e ventricoli (ablazione del nodo atrioventricolare) e all’impianto di un pacemaker.

FA permanente: quale e quanta attività sportiva?

Il punto è essere sicuri che sotto sforzo la frequenza cardiaca non sia eccessiva. L’obiettivo si raggiunge modulando i farmaci e controllandone l’efficacia con la prova da sforzo ed eventualmente con la registrazione elettrocardiografica nelle 24 ore  (ECG dinamico)

FA permanente e idoneità medico-sportiva

In questo caso le regole sono molto più strette. Secondo le linee guida italiane:

  • Il rilievo di questa aritmia di regola controindica gli sport ad elevato impegno cardiovascolare (vedi sport di resistenza e misti) e l’idoneità agonistica può essere concessa solo per attività basso impegno cardiovascolare (vedi sport di destrezza);
  • l’idoneità può essere concessa limitatamente ad attività sportive di destrezza e in assenza di sintomi di rilievo se la FC durante TE e Holter non supera la frequenza cardiaca massimale per l'età e non si osservino bradicardie importanti (FC <40/min e/o pause >3 sec) e/o aritmie ventricolari bradicardia-dipendenti.

Quindi, in pratica, è molto difficile per un fibrillante cronico ottenere l’idoneità medico sportiva, se non per sport di destrezza e anche in questo caso con l’esclusione delle attività a rischio trauma o con elevato “rischio intrinseco”.


Terapia anticoagulante

La prescrizione del trattamento anticoagulante risponde a regole molto precise. L’indicazione viene posta quando si ritiene che il rischio cardioembolico (formazione di trombi nel cuore che possono causare embolie ed ictus cerebrale) sia superiore al rischio emorragico indotto dal farmaco.

Il giudizio è basato sulla situazione clinica di base del paziente e calcolato con sistemi a punteggio.

Questi score a volte fanno ricadere il paziente in una zona grigia, di rischio intermedio, nella quale  la prescrizione del farmaco è discrezionale (ci sono anche altri elementi non inclusi negli score che devono orientare il giudizio).

Tornando allo sport, l’anticoagulante costituisce un problema se questo si associa a rischio di trauma.
In questo caso:

  • se il paziente ricade nella “zona grigia” il medico può discrezionalmente decidere di non prescrivere l’anticoagulante;
  • Se c’è indicazione al trattamento anticoagulante, starà al paziente decidere se sospendere l’attività sportiva (come consigliabile), sospendere l’anticoagulante (ed esporsi al rischio embolico), proseguire l’attività sportiva senza sospendere l’anticoagulante (ed esporsi al rischio emorragico). Ma in nessun caso verrà concessa l’idoneità agonistica negli sport a rischio traumatico.

Trattamento FA in Auxologico

L'attività di diagnosi e cura per la fibrillazione atriale conta su alcuni punti di forza:

  • stretta integrazione con il Pronto Soccorso dell'Ospedale San Luca, che consente alla maggior parte dei pazienti che accedono per fibrillazione atriale la cardioversione entro 24 ore, senza necessità di un ulteriore accesso per la cardioversione elettiva;
  • per la presenza del Centro Aritmie: la valutazione diagnostica iniziale può richiedere l’utilizzo di sistemi di registrazione e monitoraggio elettrocardiografico prolungato (loop recorder esterni e Holter plurigiornalieri, anche settimanali) e può contare sulle più avanzate tecnologie di imaging cardiologico;
  • è possibile anche ricorrere a piccoli sensori sottocutanei, loop recorder impiantabili che trasmettono in tempo reale i tracciati in caso di sintomi o di aritmie non associate a sintomi. Gli elettrocardiogrammi sono esaminati in remoto dal Servizio di Telemedicina che contatta il paziente entro 24 ore se sono presenti anomalie significative.

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