Come è cambiato il nostro rapporto con il cibo durante il Covid?
Pubblicato il 19/11/2020 - Aggiornato il 09/10/2024
CORONAVIRUS, LOCKDOWN E DISTURBI ALIMENTARI
In collaborazione con Letizia Palmisano (giornalista).
Come è cambiata l’alimentazione dal lockdown in poi e perché? Sono molte le domande che ci sono giunte sul rapporto tra cibo e coronavirus. Tante le persone che hanno notato un cambio di approccio. Abbiamo rivolto le vostre domande al Dott. Leonardo Mendolicchio, Psichiatra, componente dello Staff U.O. Recupero e Riabilitazione Funzionale - Auxologico Piancavallo.
1. Perchè molte persone proiettano sul cibo lo stress legato alla pandemia e al Covid?
Rispondo richiamando alla mente un'immagine dei primi giorni di lockdown che probabilmente abbiamo visto tutti: i supermercati presi d’assalto e svaligiati di ogni cibo.
Quei fatti ci restituiscono un’immagine plastica della reazione delle persone quando avvertono come pericolosa una situazione. Reagiscono mossi da un impulso che li guida: il non morire di fame, accaparrandosi derrate alimentari per sopravvivere.
Di fronte a situazioni di profonda angoscia come la paura di una morte imprevedibile, dolorosa, isolati, lontani dagli affetti - come avviene per chi è ricoverato per il Coronavirus - le persone sono state sopraffatte da uno tsunami emotivo. Ciò che ha catalizzato le nostre emozioni è stato il cibo che ha assunto una posizione centrale nella quotidianità.
Vi è chi ha iniziato a mangiare di più, mentre ad altri si è chiuso lo stomaco.
2. Perchè il cibo è stato così importante durante il lockdown?
La risposta ci arriva dalla psicanalisi. Il cibo è l’elemento mediatore della presenza dell’altro. I neonati hanno l’allattamento come unico strumento per verificare la presenza della mamma.
Non hanno ancora gli organi di senso sviluppati e carpiscono la presenza di qualcuno che se ne prende cura nel momento in cui sono nutriti e ciò li rassicura.
Per questo il cibo è anche negli adulti fonte di rassicurazione, perché fa vivere in noi ricordi arcaici. Il cibo è un mediatore simbolico della presenza di chi accudisce, di chi tiene a noi.
3. Socializzazione ridotta, luoghi di svago chiusi, molti hanno inziato cucinare: c'è un legame?
Qui sovviene un’altra immagine correlata narrata dai media: la cucina durante il lockdown è tornata ad essere luogo principe della casa, con le immagini del pane homemade o di altri piatti casalinghi.
Ciò dopo che per molti anni, nelle case moderne, il ruolo della cucina è venuto progressivamente meno, spesso relegato ad angoli cottura.
Nel momento in cui i luoghi di socializzazione sono stati chiusi, è tornato a vivere quello spazio storicamente individuato dalle famiglie come il punto di aggregazione familiare: la cucina.
Abitudini alimentari durante il Covid
4. Abbuffarsi e non mangiare sono due facce della stessa medaglia?
Sì, sono l’una l'espressione antitetica dell’altra ma con una base comune legata a come regoliamo le nostre emozioni.
Chi reagisce mangiando meno, “chiudendo lo stomaco”, vive lo stesso meccanismo che è alla base dell’anoressia. Si mangia meno, si inizia a sentire la sensazione della fame che è tale da permetterci di non pensare ad altro, si anestetizzano le altre emozioni che non vogliamo provare, come la paura, e così facendo si “spengono gli altri pensieri”.
Vi è chi invece reagisce in maniera antitetica ovvero mangia di più. La sensazione di sazietà ci calma, ci rilassa, ci conforta, tenendo momentaneamente lontane altre emozioni per noi negative.
5. La crisi economia può contribuire a far comparire o peggiorare i disturbi alimentari?
Si, con due scenari da prendere in considerazione.
- La crisi ha gravi conseguenze sui contesti familiari. I problemi economici incidono fortemente sulle persone, in particolar modo nei più giovani possono far sorgere o acuire disturbi, tra i quali anche quelli legati all’alimentazione.
- L’altro effetto è la paura di non avere soldi per l’alimentazione. Ciò muove un’ansia specifica che nasce dalla domanda che molti iniziano a porsi: “come farò a nutrire me e la mia famiglia?”. Per gestire l’ansia che ne discende le reazioni sono l’aumento di voracità o l’esatto opposto, che scatta in chi cerca di iniziare a empatizzare con la carenza che immagina per il prossimo futuro, con effetti soprattutto sugli adolescenti e i giovanissimi.
A riguardo bisogna sottolineare che i malesseri alimentari hanno segnato già una crescita del 30% (fonte: Repubblica.it).
6. Come si tiene a bada la fame emozionale?
Le persone dovrebbero cercare di essere consapevoli dei propri atteggiamenti, di capire quando si è di fronte a un’emotional eating che è quel fenomeno per il quale mangiamo di più o di meno in risposta a una forte emozione che ci induce a controbilanciare quel che sentiamo sfogandoci con un cambio di alimentazione.
La fame emozionale si fronteggia riattribuendo al cibo tutti quei valori che esso può rappresentare al di là dello “sfogo”, quali: tradizione, moda, cultura, piacere.
Non ingerire cibo solo per sentirci sazi, ma per assaporare il gusto, la storia che c’è dietro a quel piatto.
È importante scegliere come nutrirci non solo in risposta alle tempeste emotive e dobbiamo imparare a farlo.