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Elettrostimolazione Motoria EMG-Assistita

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Pubblicato il 08/03/2017 - Aggiornato il 12/01/2021

Prof. Luigi Tesio

Fisiatra, Direttore del Dipartimento di Scienze Neuroriabilitative

CHE COS’È L’ELETTROSTIMOLAZIONE MOTORIA?

L'elettrostimolazione motoria sfrutta la capacità di stimoli elettrici di indurre contrazione muscolare.

Di regola questo tipo di trattamento non è in grado di sostituire validamente l’attività indotta dalla fisiologica stimolazione nervosa se il nervo periferico è leso. 

Tuttavia, l'elettrostimolazione può avere effetti positivi nelle fasi iniziali di recupero dopo immobilizzazione, quando il cervello “fa fatica” a controllare completamente un muscolo “dimenticato” da tempo, o poco raggiungibile dal comando volontario dopo  lesione del sistema nervoso centrale.

Questo ultimo caso è proprio quello della forma “EMG-assistita” della elettrostimolazione

COME AVVIENEL'ELETTROSTIMOLAZIONE?

Si applicano elettrodi cutanei, connessi a uno speciale stimolatore, sopra il muscolo debole per insufficiente reclutamento volontario.

Lo stimolo elettrico (abitualmente una serie di impulsi non dolorosi, con frequenza di  10-40 al secondo) non parte automaticamente ma soltanto se il soggetto produce almeno un livello minimo di contrazione volontaria.

Il livello di contrazione viene “letto” dalla intensità del segnale elettrico prodotto dal muscolo (EMG), sul quale viene imposta una soglia superata la quale si innesca la stimolazione.

Il segnale EMG può essere “trasdotto” in un segnale acustico o visivo che guida il paziente nel produrre uno sforzo sufficiente almeno a raggiungere la soglia prefissata: per questo aspetto la tecnica rappresenta la combinazione di elettrostimolazione e biofeedback.

Poiché di solito si chiede al paziente un movimento abbastanza finalistico (ad esempio “apra la mano”) questa tecnica è vicina anche all'elettrostimolazione “funzionale” (FES).

Il meccanismo di insegnamento motorio è molto efficace: in sostanza la stimolazione “premia” lo sforzo volontario e consente di portare a termine il movimento, creando quindi corrispondenza fra sforzo soggettivo e ritorno sensoriale.

Nello sforzo successivo sarà più facile raggiungere la soglia di attività elettrica volontaria  del muscolo e anzi si potranno raggiungere soglie via via superiori.

A QUALI CASI SI APPLICA?

Di regola la tecnica si applica nel contesto di sedute di esercizio motorio condotte dal fisioterapista, nelle quali, occasionalmente, può anche rappresentare l’unica modalità di rinforzo praticata.

In rari caso potrà essere autogestita dal paziente, opportunamente istruito dal fisioterapista. 

Il caso più frequente è quello dell’emiparesi (dopo ictus, intervento neurochirurgico, o in Sclerosi Multipla).

Di regola i movimenti-bersaglio, tipicamente i più colpiti dal lato paretico, sono l’estensione del polso e l’apertura della mano, la flessione dorsale e la pronazione del piede, movimenti facciali (emi-volto inferiore).

Si può poi dare il caso di lesioni parziali del midollo spinale e anche - su casi molto selezionati - di lesione parziale di nervi periferici (incluso il nervo facciale).

In questi casi infatti, anche il muscolo che mantiene una quota di innervazione può andare incontro al fenomeno di “non utilizzo appreso” (learned-non use), una vera e propria forma di abbandono da parte del cervello che può essere convinto da opportune forme di esercizio (inclusa questa) a riprendere il controllo del muscolo abbandonato.

QUALI CONTROINDICAZIONI CI SONO?

Sostanzialmente nessuna a parte la solita controindicazione (in questo caso non assoluta) in caso di presenza di dispositivi elettro-sensibili impiantati (pace-maker, pompe infusionali, ecc).

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